UNITA' DELLA SINISTRA :UN FALSO PROBLEMA?
Riceviamo e pubblichiamo un'interessante riflessione della Rete dei Comunisti di Milano sull'incontro svoltosi a Milano lo scorso 15 febbraio a proposito di unitarietà della sinistra, tema particolarmente sentito quando si avvicinano le elezioni.
Lo
scorso venerdì 15 si è tenuta a Milano la prima iniziativa della Rete
dei Comunisti sul tema “Unità della sinistra? Un falso problema”. La
prima di una serie di iniziative simili che la nostra organizzazione sta
preparando in diverse città, per discutere un tema antico quanto
dirimente a sinistra e fra i comunisti.
Quella
dell'unità della sinistra è infatti una parola d'ordine che si
ripropone periodicamente, specie con l'avvicinarsi di scadenze
elettorali, ma che paradossalmente produce risultati diametralmente
opposti agli obiettivi e all'intensità con la quale viene proposta. In
sintesi, in questi anni più si è parlato di “unità dei comunisti” e più
ci sono state scissioni e nascita di “partiti comunisti”, più si parla
di “unità della sinistra” e più si sono prodotte divisioni nella
sinistra, così come abbiamo scritto nel documento di convocazione del
ciclo di iniziative e confronti (http://contropiano.org/fattore-k/2019/02/04/112052-0112052).
Per
completezza nella cronaca, al dibattito sono intervenuti, oltre a
Michele Franco della Rdc, Vladimiro Merlin segretario cittadino del
Partito Comunista Italiano , Matteo Prencipe segretario di Rifondazione
Comunista di Milano, Giovanna Baracchi e Nico Vox del coordinamento
nazionale di Potere al Popolo. Hanno portato il loro contributo diversi
attivisti politici, delegati sindacali, simpatizzanti.
I compagni
intervenuti hanno evidenziato diversi aspetti, fatto alcune
puntualizzazioni e integrazioni, a volte messo in discussione questa
nostra impostazione ma sempre entrando nel merito dei temi che abbiamo
portato all'attenzione pubblica,
Nel
merito delle questioni la RdC ha cercato di evidenziare come sia una
questione dirimente per i comunisti, interrogarsi su obiettivi e
contenuti, sulla lettura della realtà politica e sociale, della loro
contestualizzazione nell'attuale fase del capitalismo, sugli strumenti a
disposizione, senza anteporre a questi interrogativi la seppur doverosa
ricerca dell'unità.
Si
è verificato infatti in questi decenni quella che è a nostro avviso
un'inversione della tattica con la strategia, in cui la ricerca
dell'unità (specie elettorale) è stata proposta come soluzione ad una
crisi della rappresentanza e del ruolo dei comunisti nella società. Si è
affermta, invece, mentre un fattore di ulteriore estraniamento dalla
realtà del blocco sociale e tanto più della sua rappresentanza politica,
elettorale ma non solo, così come l'abbandono di una prospettiva di
costruzione e radicamento di un processo di classe autonomo ed
indipendente.
Un
estraniamento e una perdita di funzione, dovuta non a fraintendimenti
linguistici o culturali con il blocco sociale, ma ad una oggettiva e
conseguente subalternità de facto al centro-sinistra europeista, che ha
posto la “sinistra” e i comunisti nell'arco dei problemi e non delle
soluzioni per le classi lavoratrici, colpite da decenni di
ristrutturazione capitalistica e dalla controffensiva neoliberista nella
crisi che veniva da lontano ma esplosa con tutta la sua forza nel 2008,
che nel caso italiano ed europeo ha trovato nell'Unione Europea il
proprio strumento “principe”.
Occorre
quindi a nostro avviso - ed è il motivo alla base del confronto che
abbiamo organizzato - entrare nel vivo dei nodi politici che le forze
che hanno la pretesa di intervenire nella realtà per modificarla hanno
di fronte oggi. Non si tratta di mera “speculazione filosofica” quindi
ma guida per l'azione l'interrogarsi sulla natura del governo
giallo-verde, sulla sua base sociale e “ragion d'essere”, sui suoi
rapporti con la Unione Europea e la relazione che ha con le precedenti
classi dirigenti; la natura della Unione Europea, i suoi obiettivi dai
quali derivano le politiche portate avanti sul piano interno ed esterno
dei precedenti e dell'attuale governo; in questo senso inquadrare il
processo di regionalizzazione di aree come la Lombardia e gli obiettivi
che si pongono città come Milano all'interno di un quadro più generale,
come agganciamento e costruzione reale di un nucleo duro della UE, in
un'Europa (e un'Italia) a due velocità.
Interrogativi
questi necessari per ragionare sugli strumenti di cui ci dotiamo per
poter incidere concretamente nella realtà, ma che ci aprono anche un
altro piano di ragionamento sulla funzione dei comunisti oggi, nel XXI
secolo; sugli strumenti di rapporto con la classe, di quello che
storicamente è stato chiamato partito e delle diverse forme che ha
assunto nel passato.
A
questi interrogativi crediamo sia più che mai necessario dare risposta,
specialmente in un territorio come il nostro. Un territorio, quello del
Nord Italia e in particolare della Lombardia, che vede un inesorabile
tramonto delle ipotesi comuniste e della “sinistra radicale”, così come
la sempre maggiore difficoltà da parte del variegato mondo del
“movimento” di trovare spazi per rilanciare una conflittualità di
classe, e dove allo stesso tempo si esprime con forza la spinta all a
cosiddetta unità della sinistra. Una Regione la nostra che ha fatto da
base materiale, sociale e politica all'affermazione della Lega Nord, e
che ha come capitale (non paradossalmente a nostro avviso) “vicina
all'Europa” la città di Milano, caposaldo della finanza e roccaforte
europeista.
Una
città e una regione che vedono nel diventare “Baviera del sud” la
possibilità di continuare ad avere un ruolo di primo piano nel contesto
nazionale ed europeo, di non perdere le posizioni acquisite in termini
di benessere e di posizionamento economico. Certo, un processo basato
sull'aumento delle diseguaglianze sociali non solo fra Nord e Sud, ma
anche all'interno delle classi lavoratrici “padane”.
Non
possiamo, quindi, pensare di invertire la rotta con richiami etici alla
solidarietà, o a una condanna dell'”ignoranza” di chi, schiacciato
dalla crisi e ammutolito spera di mantenere ciò che ha faticosamente
accumulato nel periodo alle nostre spalle.
In
questo senso riteniamo che il manifestarsi proprio a Milano di
fortissime spinte alla “unità della sinistra” sotto varie forme e
bandiere (purtroppo anche agitando temi come l'antirazzismo e
l'antifascismo), siano una trappola tesa all'impedire alla
riaffermazione di quelle classi dirigenti che si sono fatte paladine
della costruzione della Unione Europea, che hanno applicato le ricette
di “guerra ai poveri” dentro e fuori i propri confini, con le bombe, con
le riforme e la repressione, creando le basi materiali all'affermazione
del governo giallo-verde.
Crediamo,
invece, che occorra invece alzare il livello del dibattito e della
analisi, per dotarsi di strumenti concreti d'organizzazione su quelli
che abbiamo chiamato “i tre fronti della lotta di classe”, per quanto
complesso possa essere.
Siamo
coscienti della nostra insufficienza, ed è per noi una novità
intervenire in una città come Milano, ma pensiamo questa sia l'altezza
delle sfide che dobbiamo porci.
Abbiamo
affermato infatti che la coscienza di classe, in una fase storica
profondamente controrivoluzionaria, non possa che essere frutto di
processi organizzativi coerenti, autonomi e indipendenti e sempre più
radicati nel blocco sociale.
Rete dei Comunisti (Milano)
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