COMUNICATO ASSEMBLEA MILANO E PROVINCIA



INDIETRO NON SI TORNA! - COMUNICATO DELL'ASSEMBLEA TERRITORIALE DI MILANO E PROVINCIA
Come Assemblea territoriale di Milano e provincia abbiamo partecipato con entusiasmo a queste settimane di dibattito sull’Europa e sulle elezioni europee. Abbiamo fatto nostro, come siamo sicuri si sia fatto in tutti gli altri territori, il principio di merito secondo il quale la discussione dovesse essere trattata a partire dai contenuti, dalla nostra analisi sull’Unione Europea, da quello che è il cammino fatto in poco più di un anno e dalle sue prospettive; tutte e tutti consapevoli di partecipare ad un progetto nuovo, di discontinuità e reale rottura rispetto a ciò che ha rappresentato la sinistra, anche presunta radicale, negli ultimi anni in questo paese e distante dalle sue liturgie.
Una distanza non solo annunciata, ma soprattutto praticata, dato che in merito alle prossime elezioni europee è stata la base degli aderenti a esprimersi e decidere se e come Potere al Popolo! dovesse partecipare. La consultazione ha visto prevalere l'ipotesi di un'alleanza con la coalizione riunitasi intorno alla figura di Luigi De Magistris, subordinandola, come si legge nel comunicato del coordinamento nazionale, all'accettazione di 5 punti non mediabili: -Rottura dei trattati europei
-Alternatività al PD sia sul piano nazionale che locale.
-Revisione radicale della nostra adesione alla NATO.
-Condanna del Golpe in Venezuela
-Centralità delle questioni di genere.
Le righe che seguono rappresentano lo sforzo da parte della nostra comunità politica di declinarli rispetto alle specificità del nostro percorso e del nostro territorio. Crediamo, in questo modo, di sfruttare anche fasi delicate come queste per un avanzamento collettivo sia sul piano dell'analisi che su quello della prassi; fornendo un ulteriore strumento a chi è deputato alla trattativa con le altre forze politiche e facilitando la comprensione del passaggio a quanti guardano a noi con interesse.
Per quanto detto finora é chiaro, dunque, che la nostra assemblea ha trovato pieno accordo nella necessità di sfuggire alla logica dell’assetto elettoralistico, al gioco dell’incastro, alla lotteria delle percentuali e, di conseguenza, ad una discussione che si appiattisse unicamente sul piano politicista dei “cartelli elettorali” e delle alleanze. Aldilà, tuttavia, di una discussione sulle europee che si è focalizzata sempre ed esclusivamente su punti politici, dall’assemblea è emersa la volontà di partecipare alla tornata elettorale per portare a tutti - come un anno fa - i nostri contenuti e non lasciare la tribuna all’avversario. Compatti, abbiamo visto nel pungolo della raccolta firme uno strumento per continuare ad essere nelle strade, immersi nella realtà e nelle sue contraddizioni, un’occasione, insomma, per continuare con coerenza il percorso politico di questi mesi. Un percorso che su Milano e provincia ci ha visto porre con forza la domanda “dove sono i nostri?”, contrapponendo al mantra dell’“unità del popolo di sinistra”, l’esigenza di unire gli sfruttati e renderci riconoscibili al nostro blocco sociale.
Tutto questo di fronte a dinamiche locali che, qui più che in altri luoghi, offrono costantemente occasioni di ripulitura politica - per mezzo di una concezione annacquata e strumentale di capisaldi quali l’antifascismo, l’antirazzismo e le questioni di genere - a forze quali PD e relativi affluenti le quali, responsabili non solo di aver sdoganato fascisti e razzisti, ma anche di aver peggiorato a suon di austerity le condizioni delle classi popolari che ambiamo a rappresentare, facendo forza sulla retorica del “fronte largo”, riescono regolarmente a riciclarsi.
Abbiamo assistito e ci siamo sempre sottratti a operazioni di rimozione della memoria (dalla Minniti-Orlando, al jobs act, passando per la Fornero) tramite cui le forze sopra citate speravano e sperano in una nuova legittimazione di stampo politicista. Abbiamo combattuto l’idea che battaglie fondamentali come quella anti-sessista e anti-razzista potessero essere declinate solo come femminismo e anti-razzismo di maniera, ponendo l’accento sul fatto che i diritti civili delle donne o dei migranti perdono di sostanza e contenuto quando vengono calpestati sistematicamente i diritti sociali. In una città che, pur ritenendosi polo d’avanguardia mondiale, vede discusse in consiglio comunale, così come nei consigli municipali, mozioni anti-abortiste abbiamo ritenuto necessario sempre rilanciare la posta in gioco, chiarendo come il femminismo non possa prescindere dall’intervenire sulle condizioni materiali di vita delle donne in una prospettiva di classe.
Di fronte a quella che sempre più chiaramente si palesa come una crisi strutturale del capitalismo, i cui effetti si riversano ogni giorno più insistentemente sulle condizioni materiali di esistenza della classi popolari, ci siamo posti l’obiettivo di recuperare un dialogo e una relazione con quel blocco sociale, annichilito ed incattivito dall’inarrestabile peggioramento delle proprie condizioni di vita e dalla mancanza di prospettive per un’uscita collettiva dal proprio stato di sofferenza.
Strappare i nostri interlocutori dalla logica del penultimo che se la prende con l’ultimo sperando di arrivare ad essere terzultimo, svelare l’inconsistenza di un voto di protesta che ha avuto il ruolo di palliativo emotivo ma che, sul piano materiale, non ha prodotto e non produrrà miglioramenti, sono diventati obiettivi primari della nostra azione politica.
Per fare ciò, non si può prescindere dalla rottura con quella sinistra che, non solo ha deliberatamente cessato di rappresentare gli interessi di questi soggetti, ma viene da questi individuata, evidentemente e giustamente, come causa e parte del problema. In quest’ottica, non possiamo che sottoscrivere uno dei punti del documento votato dal coordinamento nazionale e sottoposto alle altre forze politiche che esplicita, chiaramente, come non si possa e non si debba andare con chi, di fatto, funge da stampella al PD, sia sul piano nazionale che su quello locale. Per quanto detto finora, tale punto lo riteniamo fondamentale e non mediabile, non per questioni di purismo ideologico, ma perché costituisce una linea guida ineludibile delle nostre pratiche quotidiane: il presupposto per ogni azione concreta.
L'Unione Europea, le politiche di austerità e privatizzazionne.
Le politiche da perseguire per tornare realmente a parlare con il nostro blocco sociale ci impongono di rompere definitivamente con quello che è l’Unione Europea allo stato attuale: un mercato unico subordinato al primato della finanza internazionale e votato all’austerità, che strangola i bilanci pubblici favorendo la concentrazione di grandi capitali e il trasferimento di risorse dalla periferia al centro produttivo europeo; tutto in nome della tanto decantata apertura alla concorrenza che ha portato solo allo smantellamento del welfare pubblico, a una progressiva regressione sul fronte dei diritti dei lavoratori, alla svendita di infrastrutture statali e - in nome della privatizzazione - a un peggioramento generale della qualità di servizi pubblici fondamentali quali la sanità, l’istruzione e il trasporto, piegati alle logiche del profitto.
La specificità Milanese
Le considerazioni fatte precedentemente le vediamo dispiegarsi in particolare a Milano e in Lombardia, una città e una regione che sempre più chiaramente ambiscono ad agganciarsi al “nucleo duro” europeo, come già avevano preannunciato i referendum lombardo-veneti sull’autonomia, promossi dalla Lega e appoggiati dal PD, come ora ribadisce Sala, il sindaco “smart”.
Da una parte, infatti, la strada ormai imboccata della regionalizzazione dell’istruzione e della sanità calpesta il principio per cui i servizi pubblici devono essere garantiti in misura uniforme in tutto il paese, preferendo esplicitamente creare poli ad alta efficienza e competitività a spesa di altre aree del paese depauperate di risorse sociali, economiche e umane; lasciate al proprio destino in un quadro di sfrenata competizione globale. Dall’altra parte questo trend ha effetti sconvolgenti anche sulla comunità locale: la gestione della sanità pubblica, che a partire dalla riforma De Lorenzo, si è vista progressivamente equiparata e sostituita da quella privata, in Lombardia ha prodotto un sistema sanitario in cui i privati controllano più della metà delle strutture, con conseguenze gravi in termini di disservizi e liste d’attesa a danno degli utenti impossibilitati ad accedere a strutture elitarie; la violenta speculazione edilizia - tramite la svendita del patrimonio pubblico e la sua messa a valore - con l’obiettivo di attrarre investitori internazionali incrementando spazi dedicati al lusso e alle multinazionali nel centro cittadino marginalizza ed espelle dalla città chi non può sostenerne gli accresciuti costi; il trasporto pubblico, eccellenza a caro prezzo nel centro finanziario milanese, con l’aumento del biglietto a 2€ e gli appalti ai privati per le nuove linee della metro rappresenta sempre più per i “prenditori” lumbard una miniera d’oro da estrarre sulla pelle di 700 mila pendolari che, nelle mani di RFI e Trenord, vengono regolarmente afflitti da soppressioni, ritardi e incidenti come quello di Pioltello.
L'UE e le relazioni internazionali
La stessa UE che si affretta a riconoscere il golpista Guaidò in Venezuela, contro il governo legittimo di un popolo, reo di aver sottratto le risorse del paese, in primis il petrolio, al controllo delle multinazionali e di averle investite negli interessi esclusivi del popolo venezuelano, chiarisce ogni giorno più emblematicamente la logica con cui opera.
Non possiamo riconoscerci in un’organizzazione che, di concerto con gli USA, interferisce con il principio di autodeterminazione del popolo venezuelano agendo su di esso pressione politica ed economica; ancora più decisamente ci opporremmo a una risoluzione della NATO che, appellandosi strumentalmente alla democrazia e ai diritti umani, decidesse di appoggiare un intervento militare ai danni di un popolo sovrano. In questo senso ci sentiamo di sollecitare una posizione rigida e risoluta sulla necessità che l’Italia lasci la Nato e che le basi Nato in Italia vengano smantellate, poiché ci rifiutiamo di essere corresponsabili di altre guerre combattute ai danni di civili inermi, costretti a fuggire in massa dal proprio paese per rifugiarsi nella maggior parte dei casi in campi di concentramento dove sopravvivere in condizioni disumane, come avviene oggi in Libia e Turchia.
Le nostre conclusioni
Questi sono i punti dirimenti che muovono la prassi politica collettiva che portiamo avanti tutti i giorni nel nostro territorio: le campagne sui servizi pubblici, il confronto in assemblea, la presenza nelle piazze dove si difendono i diritti degli sfruttati e dove si porta la solidarietà ai popoli oppressi dalle ingerenze capitaliste, non in quelle dove il PD e le sue stampelle tentano di rifarsi una credibilità politica. Gli stessi punti sono oggi il presupposto non negoziabile e la sfida su cui Potere al Popolo!, a livello nazionale, basa la propria partecipazione per la campagna alle europee, senza più piegarsi alle logiche elettoralistiche e politiciste che hanno portato negli ultimi anni le cosiddette “sinistre” a tradire gli interessi del proprio blocco sociale. La rottura che abbiamo prodotto non è generazionale, non è settarismo o protagonismo fine a se stesso, ma è tutta politica e di prospettiva e per questo non ricomponibile. Lo abbiamo detto e lo ripetiamo: indietrononsitorna.

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