IL CENTRO SINISTRA UN LENTO DECLINO

La riflessione a "caldo" sulle ultime elezioni di Abruzzo e Sardegna di Salvatore Prinzi del Coordinamento Nazionale di Potere al Popolo
Una situazione tragica per quel centro sinistra e quella sinistra che ormai è al prefisso telefonico.

CHE CI DICE IL VOTO IN SARDEGNA? UN'ANALISI E QUALCHE CONSIDERAZIONE VERSO LE EUROPEE.
Premesso che lo spoglio è ancora in atto, quindi ci potrebbe essere qualche piccola differenza nei numeri. E che le elezioni regionali hanno dinamiche territoriali, quindi le analisi vanno fatte conoscendo contesti, candidati e liste, con uno "storico" dettagliato.
Tuttavia è evidente che il voto sardo segue alcune tendenze che abbiamo visto all'opera in Abruzzo e che si possono osservare da mesi a livello nazionale. Per cui vale la pena individuarle se vogliamo capire come si muoveranno i principali attori politici e cosa dobbiamo fare noi per cambiare la situazione.
1. GRANDE ASTENSIONE. Ha votato il 53,8% degli aventi diritto. Poco meglio di 5 anni fa, ma peggio del 65,51%, già basso, delle politiche. Alle Europee del 2014 si fece ancora peggio: solo il 42% andò a votare. E' lecito aspettarsi che molto basso sarà il tasso anche per le prossime Europee.
Come in Abruzzo, nell'astensione c'è una grande disillusione e rassegnazione, tante persone ai margini della società e della vita politica, non c'è purtroppo un segnale di lotta (i pastori o hanno votato o non sono riusciti a incidere socialmente nelle loro proclamazioni di non voto).
Quindi non è affatto un segnale per cui esultare: indica un grosso problema, non la soluzione.

2. HA VINTO IL CENTRODESTRA, MA NO PANIC.
Il centrodestra ha preso il 47,7%, 307.015 voti. Una netta affermazione, soprattutto considerato che l'unico competitor in campo, il centrosinistra, ha preso il 33%, dunque è bello distaccato. Tuttavia non si tratta di un boom clamoroso. Per diversi motivi:

a) le cifre che il centrodestra ha preso in Sardegna negli anni non sono poi così diverse: erano il 44% alle scorse elezioni regionali (299.349 voti), erano addirittura il 52% nel 2009 (502.084 voti). Rispetto alle politiche, l'area di centrodestra resta stabile: avevano preso 269.821 voti il 4 marzo 2018. Certo, in un quadro di maggiore astensione rispetto alle politiche. Sostanzialmente, chi aveva votato centrodestra alle elezioni politiche vota centrodestra anche alle regionali. A differenza del passato, il pubblico di centrodestra è quello più fedele al voto. Perché è gasato e sa di vincere.
b) La Lega non esplode. Certo, nel 2014 manco esisteva, ora esiste, già questo è un grande risultato. Ma, nonostante la sovraesposizione di Salvini di questi mesi, passa dal 10,79 (93.771 voti) del 4 marzo al 11,5 (64.444 voti, cioè perde voti in numeri assoluti). I voti che incamera sono soprattutto quelli in uscita da Forza Italia.
c) Determinante ai fini della vittoria del centrodestra è il risultato del Partito Sardo d'Azione, che esprime il candidato presidente e prende da solo il 10%. Questo partito ha origini di sinistra, anche se è effettivamente negli ultimi decenni si è collocato vicino al centrosinistra, passando poi, dal 2014, al centrodestra.
++ CONSEGUENZE: Salvini può essere contento, perché può uscirne comunque vincitore, aumentare la pressione sul Governo, fare le Europee incrementando ulteriormente i consensi, e sa che in caso di elezioni politiche anticipate dalla Sardegna i voti per un governo di centrodestra ci sono.
3. IL PD PERDE TANTO, IL CENTROSINISTRA UN PO' MENO.
Il centrosinistra perde facendo solo 212.783 voti, il 33,1%. Batosta rispetto al 42,5% preso nel 2014 (312.982 voti) e al 42,9% del 2009 (415.600).
Ma in realtà meglio del 21% preso come area (compresa LEU) alle elezioni del 4 marzo (180.000 voti). Chi vede ulteriormente diminuiti i suoi voti è il PD, che passa dal 14,83 al 13,4%, dimezzando i voti in numeri assoluti. Continua insomma la crisi del PD, che riesce a evitare la Caporetto solo grazie alle liste civiche e al nome di Zedda, che prende molto di più della somma delle forze politiche.

++ CONSEGUENZE: Se fossi nel PD domani lancerei il listone civico per le europee, facendo sparire il simbolo, mettendo avanti candidati di discontinuità e buttando dentro la qualunque, da Sinistra Italiana a + Europa passando per Possibile, Verdi, Pizzarotti. Non c'è altro modo per uscirne, il PD è un progetto morto. Ma quell'area può esprimere ancora un 35% se fa un'opposizione un minimo decente, se smette di essere più a destra del governo in materia economica e si dà una coloritura un po' sociale, fa un po' di antirazzismo di facciata. E' proprio quello che vorrebbe fare Zingaretti (che peraltro mi sembra molto scarso, quindi non è detto che ce la farà), ed è possibile che nella disperazione riesca ad assorbire anche Sinistra Italiana in nome del "pericolo nazionale".
4. IL MOVIMENTO 5 STELLE ALLA FRUTTA. Prendono solo l'11%, 72.620 voti. Vero che nel 2014 non esistevano, ma è una tragedia rispetto ai 369.196 voti, il 42,5%, preso alle politiche solo un anno fa. Si conferma che è un partito senza radicamento, che può essere spazzato via da un momento all'altro e che probabilmente sul lungo periodo, se non riesce a darsi collocazione politica stabile, lo sarà. Quasi tutti quelli che lo avevano votato il 4 marzo si astengono, a dimostrazione che i 5 Stelle avevano un senso solo come protesta, ma non convincono affatto. Il regalo di Di Maio a Salvini sul tema dei pastori poi è stato follia pura...
++ CONSEGUENZE: Il Movimento deve provare a reagire, a farsi vedere su qualcosa, deve accelerare sul "reddito" che ormai è l'unica carta che ha in mano per le Europee. Ma probabilmente Salvini lo costringerà dopo oggi sulla difensiva.
5. LA SINISTRA CHE NON C'E', A TUTTI I LIVELLI. Le lotte in Sardegna ci sono ma o sono deboli o non riescono ad esprimere rappresentanza indipendente.
Le forze dell'indipendentismo progressista non riescono, come era sembrato possibile un po' di anni fa, a catturarle e farle diventare orgoglio "nazionale".
Il Movimento e il protagonismo giovanile sono fiacchi come ovunque.
PRC e Comunisti Italiani hanno poco appeal, e passano dal 2,3 del 2014 allo 0,6%, 3.532 voti. Perdono rispetto al 4 marzo, dove il marchio di Potere al Popolo era riuscito ad attivare qualche energia sociale in più, prendendo più del doppio dei voti, 7.885.

++ CONCLUSIONE
Come già segnalava l'Abruzzo, le prossime Europee si annunciano drammatiche per chi vuole un miglioramento delle proprie condizioni di vita e di lavoro, un paese da cui non si debba scappare. Alta astensione, 5 Stelle in crisi, con il loro voto in uscita che non viene intercettato da nessuno, Lega al 30%, nuova pressione della destra sul Governo, eliminando le misure più "sociali", senza escludere elezioni anticipate e la formazione di un governo di centrodestra a trazione Lega (dipende da come va l'andamento economico, perché si preannuncia una situazione che nessuno vorrà gestire).
Capisco che molte compagne e compagni pensano che la situazione non sia eccezionale e che si possa continuare "come al solito", ma a mio avviso il 4 marzo 2018 ha aperto le fogne, e la parte più schifosa del paese è uscita alla luce senza più remore, sentendosi invincibile. Io penso che non possiamo permetterci un altro 4 marzo: la barbarie avanzerebbe e potremmo trovarci rapidamente in una situazione tipo Ungheria di Orban...
Davanti a questo possiamo relativizzare il pericolo, possiamo dire che il nostro lavoro di comunisti è di lungo periodo e che ora non si può avere nessun guizzo. Ma, secondo me, sbaglieremmo.
Mentre, come facciamo ogni giorno, lavoriamo sul medio e sul lungo periodo - perché le elezioni non possono risolvere problemi che vengono da lontano, e ci serve invece radicarci, essere utili al popolo, fare analisi, formare quadri -, bisogna agitare la campagna elettorale con i nostri temi, bisogna dare voce all'Italia che lotta e resiste, bisogna dare rappresentanza politica alle reazioni sociali che ci sono state quest'anno: mobilitazioni sui migranti, sull'ambiente, sulle donne, sul lavoro.
La soluzione l'abbiamo sotto gli occhi, si era quasi arrivati a stringerla nei tavoli con De Magistris: non può essere una lista accozzaglia con dentro tutto e il contrario di tutto, perché già il PD farà il listone europeista.
Non può essere una lista della sinistra identitaria, che taglia fuori i giovani e le esperienze oggi più interessanti.
Deve essere una lista chiaramente di rottura con quest'Europa, che sia il versante italiano della proposta della France Insoumise, di Podemos e di altre forze innovative della sinistra europea.
Una lista che dia voce soprattutto ai movimenti, alle figure degne della resistenza, alla forze civiche, alle esperienze locali come quella di Napoli, che ha la caratteristica di rompere con i diktat ma anche di parlare a vasti strati popolari.

Potere al Popolo ha fatto nelle settimane scorse questa proposta, perché non si rassegna alla miseria del presente, alla depressione, e ama aprire spazi di movimento e di incontro. Sappiamo di non essere i soli a pensarla così. E allora facciamoci sentire!

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