REPORT ULTIMO COORDINAMENTO POTERE AL POPOLO
Abbiamo supportato la resistenza…
Ora prepariamo l’offensiva!
All’ordine del giorno c’erano questioni importanti: un’analisi della fase politica italiana e delle lotte sociali che si sono sviluppate durante questo autunno, le prossime europee e la partecipazione di Potere al Popolo!, la chiusura del nostro processo costituente, con le future elezioni dei Portavoce e del Comitato di Garanzia, oltre all’apertura dei tavoli di lavoro tematici…
Difficile sintetizzare in poche righe tutta la ricchezza del dibattito: proveremo qui a dare conto dei ragionamenti politici, delle principali decisioni, delle date da tenere a mente. Invitiamo tutti i territori ad attivarsi, a discutere, a coinvolgere nuove persone, perché c’è davvero in Italia uno spazio politico enorme per chi ha i nostri ideali e le nostre pratiche!
(Purtroppo mentre scrivevamo queste
righe ci è giunta la notizia dell’improvvisa morte di Silvia Piccinonno,
coordinatrice nazionale di Potere al Popolo! eletta in Puglia, una
compagna di 34 anni, fra le prime a credere in questo progetto, presente
sin dal 18 novembre 2017 al Teatro Italia.
Silvia era una sorella, un’amica, una compagna meravigliosa. Ma Silvia era anche una persona di grande spessore politico e intellettuale. Comunista, aveva partecipato a tutte le lotte studentesche in Salento e poi all’Università Orientale di Napoli, aveva difeso il suo territorio dalle speculazioni partecipando attivamente al movimento NO TAP, ma aveva anche sviluppato rapporti politici e di studio con militanti e intellettuali brasiliani, paese in cui era stata e su cui aveva fatto ricerca.
Più che candidarsi al Coordinamento, Silvia era stata candidata, per la sua passione, la sua capacità e la sua umanità: aveva accettato nonostante da un anno lottasse – sembrava vittoriosamente – contro un terribile tumore. Nonostante la malattia, aveva continuato a spendersi e partecipare, aveva continuato a inventare strade per trasformare questo paese, sempre sorridendo.
La sua perdita non è solo un dolore incalcolabile per chi ha avuto la fortuna di conoscerla, ma un danno irreparabile anche per i movimenti sociali, per gli anticapitalisti italiani, per chiunque voglia restare umano.
È con la tua forza, Silvia, è nel tuo esempio, che continueremo a lottare. Come hanno scritto i NO TAP, “Sarai il vento che accarezzerà le nostre bandiere”…)
Silvia era una sorella, un’amica, una compagna meravigliosa. Ma Silvia era anche una persona di grande spessore politico e intellettuale. Comunista, aveva partecipato a tutte le lotte studentesche in Salento e poi all’Università Orientale di Napoli, aveva difeso il suo territorio dalle speculazioni partecipando attivamente al movimento NO TAP, ma aveva anche sviluppato rapporti politici e di studio con militanti e intellettuali brasiliani, paese in cui era stata e su cui aveva fatto ricerca.
Più che candidarsi al Coordinamento, Silvia era stata candidata, per la sua passione, la sua capacità e la sua umanità: aveva accettato nonostante da un anno lottasse – sembrava vittoriosamente – contro un terribile tumore. Nonostante la malattia, aveva continuato a spendersi e partecipare, aveva continuato a inventare strade per trasformare questo paese, sempre sorridendo.
La sua perdita non è solo un dolore incalcolabile per chi ha avuto la fortuna di conoscerla, ma un danno irreparabile anche per i movimenti sociali, per gli anticapitalisti italiani, per chiunque voglia restare umano.
È con la tua forza, Silvia, è nel tuo esempio, che continueremo a lottare. Come hanno scritto i NO TAP, “Sarai il vento che accarezzerà le nostre bandiere”…)
La situazione politica italiana: cattive e buone notizie
Partiamo dalle cattive. Dopo dieci anni di crisi il nostro paese non sta affatto bene, ed è già in atto da qualche mese un nuovo rallentamento dell’economia a livello internazionale che ha portato tutti gli istituti a rivedere le stime di crescita italiane. A un Nord che resta agganciato, in certe zone metropolitane e distretti produttivi, al resto d’Europa – ma a patto di un forte sfruttamento sociale, che si alimenta soprattutto del lavoro giovanile poco contrattualizzato, di quello immigrato, della pressione sui settori operai – fanno seguito un Sud, le Isole, le aree interne completamente abbandonate, che si vanno sempre più spopolando, che vengono costrette all’emigrazione o alla sopravvivenza.
Il voto ai 5 Stelle (34%) e quello alla Lega (17%) è stato per molti aspetti una risposta a questa situazione di crisi, che si è alimentata delle politiche neoliberiste messe in pratica per vent’anni sia dai governi di centrosinistra che da quelli di centrodestra. Tuttavia 5 Stelle e Lega, come denunciavamo già in campagna elettorale, non sono stati in grado di cambiare alcunché. La loro stessa impostazione teorica, programmatica e pratica, la loro natura di strumento della piccola borghesia e di settori nazionali marginalizzati dalla globalizzazione, impediva, al di là dei proclami che non facevano certo rimpiangere Berlusconi, che le condizioni del popolo italiano potessero migliorare.
Partiamo dalle cattive. Dopo dieci anni di crisi il nostro paese non sta affatto bene, ed è già in atto da qualche mese un nuovo rallentamento dell’economia a livello internazionale che ha portato tutti gli istituti a rivedere le stime di crescita italiane. A un Nord che resta agganciato, in certe zone metropolitane e distretti produttivi, al resto d’Europa – ma a patto di un forte sfruttamento sociale, che si alimenta soprattutto del lavoro giovanile poco contrattualizzato, di quello immigrato, della pressione sui settori operai – fanno seguito un Sud, le Isole, le aree interne completamente abbandonate, che si vanno sempre più spopolando, che vengono costrette all’emigrazione o alla sopravvivenza.
Il voto ai 5 Stelle (34%) e quello alla Lega (17%) è stato per molti aspetti una risposta a questa situazione di crisi, che si è alimentata delle politiche neoliberiste messe in pratica per vent’anni sia dai governi di centrosinistra che da quelli di centrodestra. Tuttavia 5 Stelle e Lega, come denunciavamo già in campagna elettorale, non sono stati in grado di cambiare alcunché. La loro stessa impostazione teorica, programmatica e pratica, la loro natura di strumento della piccola borghesia e di settori nazionali marginalizzati dalla globalizzazione, impediva, al di là dei proclami che non facevano certo rimpiangere Berlusconi, che le condizioni del popolo italiano potessero migliorare.
Per riuscire infatti
nell’operazione di redistribuire la ricchezza e di aumentare i diritti
degli sfruttati bisogna infatti scontrarsi a tutti i livelli – dal piano
europeo a quello locale – con chi ha in mano quella ricchezza e chi
trae giovamento dallo sfruttamento altrui. Proprio quello che 5 Stelle e
Lega non possono e non vogliono fare.
Così, già il “contratto di Governo”
aveva ridimensionato le grandi aspettative che soprattutto i 5 Stelle
avevano sollevato: l’accordo rappresentava infatti un primo cedimento
verso le logiche più tradizionali, di governo di destra del paese. I
mesi successivi sono stati un costante barcamenarsi, il cui unico vero
effetto è stato il Decreto Sicurezza di Salvini, un provvedimento
pessimo non solo per gli stranieri, ma anche per gli stessi italiani,
visto che è un favore fatto a mafie e caporali. Ma è la finanziaria ad
aver portato tutti i nodi al pettine.
Innanzitutto il reddito di cittadinanza è scomparso dalle misure immediate, spostato a data da destinarsi e ridotto a poco più di un sussidio di disoccupazione cavilloso e misero. Niente che non era già stato fatto con il REI e la NASPI del PD, un po’ più implementati. I 5 Stelle proveranno a farlo uscire a ridosso delle votazioni europee, come gli 80 euro di Renzi nel 2014, per cercare di strappare un po’ di voti.
Quanto alla ventilata abolizione della Fornero, bandiera della Lega “di lotta”, neanche a parlarne: misura anche questa rinviata, e comunque aperta ormai a una platea ristretta – nei fatti una quota 100 che nessuno accetterà visto che andare in pensione prima determinerà una bella decurtazione del trattamento.
Sul fronte taglio delle accise della benzina, promesse in campagna elettorale da Salvini, si viene a sapere che addirittura in futuro saranno aumentate. Stessa cosa per quanto riguarda l’aumento dell’IVA, solo rinviato al 2020.
Quanto alla cura del territorio, i 5 Stelle hanno venduto il movimento NO TAP e quello del Terzo Valico, dicendo sì alle speculazioni, e non hanno saputo proporre nulla di alternativo da un punto di vista ecologico. La vicenda del ponte di Genova, poi, parla da sé: dopo il can can mediatico sulla nazionalizzazione di Autostrade per l’Italia, la società è tornata in pole position e i fanghi tossici sono stati messi nel decreto.
Anche sul piano morale i 5 Stelle hanno dimostrato di essere come i loro predecessori di PD e PDL: le promesse negate come gli F35, le bugie dei leader, lo spirito più rivolto al proprio interesse personale che al bene collettivo…
Chiaro che in questa situazione fra le due forze cresca la Lega, che ha sì disatteso le sue (poche) promesse sociali, ma è riuscita a incassare le misure razziste, a dare l’idea, attraverso la figura di Salvini, di essere propositiva e fattiva. Soprattutto, attraverso il suo radicamento territoriale, il suo legame organico con settori imprenditoriali, la Lega è una forza con un profilo più definito, di destra autoritaria, e quindi in grado al momento opportuno di riconvertirsi e di essere meno di “lotta”, meno di “odio”, e più di governo.
Innanzitutto il reddito di cittadinanza è scomparso dalle misure immediate, spostato a data da destinarsi e ridotto a poco più di un sussidio di disoccupazione cavilloso e misero. Niente che non era già stato fatto con il REI e la NASPI del PD, un po’ più implementati. I 5 Stelle proveranno a farlo uscire a ridosso delle votazioni europee, come gli 80 euro di Renzi nel 2014, per cercare di strappare un po’ di voti.
Quanto alla ventilata abolizione della Fornero, bandiera della Lega “di lotta”, neanche a parlarne: misura anche questa rinviata, e comunque aperta ormai a una platea ristretta – nei fatti una quota 100 che nessuno accetterà visto che andare in pensione prima determinerà una bella decurtazione del trattamento.
Sul fronte taglio delle accise della benzina, promesse in campagna elettorale da Salvini, si viene a sapere che addirittura in futuro saranno aumentate. Stessa cosa per quanto riguarda l’aumento dell’IVA, solo rinviato al 2020.
Quanto alla cura del territorio, i 5 Stelle hanno venduto il movimento NO TAP e quello del Terzo Valico, dicendo sì alle speculazioni, e non hanno saputo proporre nulla di alternativo da un punto di vista ecologico. La vicenda del ponte di Genova, poi, parla da sé: dopo il can can mediatico sulla nazionalizzazione di Autostrade per l’Italia, la società è tornata in pole position e i fanghi tossici sono stati messi nel decreto.
Anche sul piano morale i 5 Stelle hanno dimostrato di essere come i loro predecessori di PD e PDL: le promesse negate come gli F35, le bugie dei leader, lo spirito più rivolto al proprio interesse personale che al bene collettivo…
Chiaro che in questa situazione fra le due forze cresca la Lega, che ha sì disatteso le sue (poche) promesse sociali, ma è riuscita a incassare le misure razziste, a dare l’idea, attraverso la figura di Salvini, di essere propositiva e fattiva. Soprattutto, attraverso il suo radicamento territoriale, il suo legame organico con settori imprenditoriali, la Lega è una forza con un profilo più definito, di destra autoritaria, e quindi in grado al momento opportuno di riconvertirsi e di essere meno di “lotta”, meno di “odio”, e più di governo.
Tutto questo è palese, anche se chi non segue tutti i giorni la politica non se ne è ancora del tutto accorto. C’è
ancora un sentimento di attesa, di “facciamoli lavorare”: probabilmente
più che scendere in piazza si aspetteranno le elezioni europee per
esprimere il proprio giudizio a un anno di governo. Anche
perché l’opposizione è talmente debole e ridicola, paradossalmente su
certe questioni sociali più di destra del governo stesso, che non viene
certo voglia di votarla. Così, anche se le (già flebili) illusioni
stanno scomparendo, resta in piedi una logica da “meno peggio”…
Per questo e per altri motivi, l’Italia
non ha conosciuto durante questo autunno movimenti di massa degni di
nota. La nostra situazione di decadenza complessiva, di lento
peggioramento sociale e culturale, la distruzione costante del
sindacalismo combattivo e delle avanguardie politiche a opera della
stessa sinistra, l’emigrazione e l’iper-sfruttamento determinano al
momento fra la maggioranza degli italiani più depressione o rabbia
“orizzontale”, che conflitto verso l’alto.
Ma ci sono anche belle notizie.
Innanzitutto, la stessa incapacità del governo di risolvere i problemi
degli italiani e di far ripartire il paese, lascia aperto uno spazio
politico enorme. In particolare i 5 Stelle non riescono a “coprire” a
sinistra, deludono le aspettative dei giovani e di tanti settori
sociali: questo potrebbe aprire una prospettiva diversa, e liberare
forze che per 7 anni sono state contenute dai 5 Stelle. Questo gigante
con il 33% dei voti potrebbe avere un tracollo, e il tema diventa chi
intercetterà questa massa: l’astensione, il PD, la Lega o – come
speriamo noi – il conflitto sociale e una prospettiva politica di
rottura?
In secondo luogo: che l’opposizione faccia così schifo, anche questa può diventare una buona notizia. Perché impedisce che le critiche che il PD fa al governo – di non essere abbastanza europeista, liberista, di non rispettare i parametri del debito etc – allignino fra le file dei “nostri”. Impedisce quindi un ritorno, almeno nel breve periodo, di consenso verso i governi tecnici, dell’UE e dei professori.
In secondo luogo: che l’opposizione faccia così schifo, anche questa può diventare una buona notizia. Perché impedisce che le critiche che il PD fa al governo – di non essere abbastanza europeista, liberista, di non rispettare i parametri del debito etc – allignino fra le file dei “nostri”. Impedisce quindi un ritorno, almeno nel breve periodo, di consenso verso i governi tecnici, dell’UE e dei professori.
Infine, non è vero che sia tutto
spento nella società italiana, che non ci sia niente oltre
all’alternativa fra liberismo europeista del PD e liberismo sovranista
di Lega e 5 Stelle. In realtà durante l’autunno ci sono state
molte lotte locali o di settore (emblematici i riders, la logistica o i
braccianti), ma anche alcuni momenti di mobilitazione generale che hanno
mostrato molta insoddisfazione verso lo stato di cose presenti. Dagli
studenti delle scuole passando per la grande mobilitazione delle donne
del 24 novembre, per l’attivismo ambientale che a Torino ha segnato il
punto più alto con 70.000 persone in piazza l’8 dicembre, per le
mobilitazioni antirazziste che dalle piazze solidali con Mimmo Lucano di
inizio ottobre fino al 15 dicembre hanno diffuso umanità contro la
barbarie…
Certo, non c’è un movimento di massa, le
rivendicazioni spesso restano troppo separate, manca ancora quell’“ora
basta” che sta alla base di ogni rivolta, ma è un dato che
centinaia di migliaia di persone in Italia siano disposte a mobilitarsi
con generosità, a lottare, a far sentire i propri diritti e uno sguardo
sul mondo diverso. È questo il terzo campo, alternativo sia al
liberismo europeista che a quello liberista sovranista, che va fatto
crescere, reso conflittuale, sviluppato politicamente in rivendicazioni e
forme organizzative.
Ed è per sviluppare questo campo dell’antifascismo sociale, di una prospettiva che metta al centro l’essere umano e non i diktat e la violenza del profitto, che come Potere al Popolo! siamo nati un anno fa.
Ed è per sviluppare questo campo dell’antifascismo sociale, di una prospettiva che metta al centro l’essere umano e non i diktat e la violenza del profitto, che come Potere al Popolo! siamo nati un anno fa.
L’autunno di Potere al Popolo! e il valore di queste europee
Per questo durante l’autunno abbiamo alimentato tutte le piazze. Abbiamo fatto quello che c’eravamo promessi al campeggio di Grosseto: essere ovunque ci fosse un segnale di insubordinazione, di lotta, di volontà di partecipazione. È giusto ripetere un attimo l’enorme sforzo organizzativo che migliaia di compagne e di compagni di Potere al Popolo! hanno sostenuto:
Per questo durante l’autunno abbiamo alimentato tutte le piazze. Abbiamo fatto quello che c’eravamo promessi al campeggio di Grosseto: essere ovunque ci fosse un segnale di insubordinazione, di lotta, di volontà di partecipazione. È giusto ripetere un attimo l’enorme sforzo organizzativo che migliaia di compagne e di compagni di Potere al Popolo! hanno sostenuto:
– abbiamo organizzato le piazze per Mimmo Lucano, partecipato in centinaia al corteo di sostegno a Riace il 6 ottobre;
– contemporaneamente, siamo stati fra gli organizzatori del corteo a difesa dei lavoratori della cultura e dello spettacolo, nuove figure di precari, a Roma il 6 ottobre;
– il 20 ottobre abbiamo organizzato insieme all’USB e altre forze un corteo di 10.000 persone che ha posto il tema delle nazionalizzazioni e di una nuova politica di servizi pubblici;
– il 26 ottobre abbiamo partecipato ai picchetti e allo sciopero del SI COBAS;
– il 3 novembre ci siamo mossi da tutto il Nord-Est per contrastare, con successo, la sfilata fascista a Trieste;
– il 10 novembre siamo scesi in piazza per la manifestazione antirazzista “Indivisibili” che ha portato a Roma 50.000 persone;
– il 17 novembre abbiamo animato le piazze studentesche;
– il 24 novembre eravamo in migliaia a Roma per il corteo di Non una di Meno;
– l’8 dicembre siamo scesi in piazza in tutta Italia per difendere il territorio e l’ambiente, e in particolar modo a Torino per difendere la Val Susa dall’attacco del partito degli affari del SI TAV;
– il 15 dicembre abbiamo partecipato alla costruzione, con la rete Get up, stand up!, di un corteo di 5.000 braccianti, badanti, richiedenti asilo.
– contemporaneamente, siamo stati fra gli organizzatori del corteo a difesa dei lavoratori della cultura e dello spettacolo, nuove figure di precari, a Roma il 6 ottobre;
– il 20 ottobre abbiamo organizzato insieme all’USB e altre forze un corteo di 10.000 persone che ha posto il tema delle nazionalizzazioni e di una nuova politica di servizi pubblici;
– il 26 ottobre abbiamo partecipato ai picchetti e allo sciopero del SI COBAS;
– il 3 novembre ci siamo mossi da tutto il Nord-Est per contrastare, con successo, la sfilata fascista a Trieste;
– il 10 novembre siamo scesi in piazza per la manifestazione antirazzista “Indivisibili” che ha portato a Roma 50.000 persone;
– il 17 novembre abbiamo animato le piazze studentesche;
– il 24 novembre eravamo in migliaia a Roma per il corteo di Non una di Meno;
– l’8 dicembre siamo scesi in piazza in tutta Italia per difendere il territorio e l’ambiente, e in particolar modo a Torino per difendere la Val Susa dall’attacco del partito degli affari del SI TAV;
– il 15 dicembre abbiamo partecipato alla costruzione, con la rete Get up, stand up!, di un corteo di 5.000 braccianti, badanti, richiedenti asilo.
A queste iniziative nazionali vanno
aggiunte le centinaia di iniziative locali, il sostegno a vertenze
lavorative e ambientali del territorio, lo sviluppo di un terreno
mutualistico, l’apertura di Case del Popolo (la prossima sarà a Pavia a
gennaio, sosteniamola). E tutto in meno di 4 mesi, attraversando anche una fase costituente bella ma complessa!
Se facciamo questa carrellata non è solo
per ringraziare tutti quelli che con generosità, determinazione,
creatività si sono mobilitati, permettendo l’esistenza di una cosa come
Potere al Popolo! che non si era mai vista, ma per mostrare come nel
paese qualcosa sotto le ceneri resista, e vada sostenuto. Senza grandi
mezzi mediatici o economici, abbiamo provato a collegare i fili
di mobilitazioni diverse, caratterizzando la nostra presenza autunnale
intorno ai temi popolari e sentiti: il lavoro, la scuola, la
sanità, l’ambiente, la solidarietà sociale, la redistribuzione della
ricchezza, sostituendo al “prima gli italiani”, “prima i ricchi”, di
questo Governo, il “prima gli sfruttati”, che ci contraddistingue. Abbiamo provato a farlo in un’ottica internazionalista,
legando la situazione italiana a quello che succede nel resto
dell’Unione Europea, sostenendo le classi popolari che, come accaduto in
Francia con i gilet gialli, fanno sentire la loro voce.
È chiaro che lo sforzo volontaristico,
nostro o degli altri soggetti politici di alternativa o reti sociali,
non può bastare: come dicevamo prima, ci sono condizioni oggettive che
devono maturare. Ma se non facciamo questo lavoro sempre meglio, in
maniera sempre più organizzata e comunicativa, con un programma sempre
più chiaro e completo, se non sapremo farci vedere dalle classi popolari
italiane, far maturare coscienza di classe e sviluppare elementi di
autorganizzazione, allora gli spazi politici che si stanno sempre più
aprendo non saranno riempiti da noi ma da altri soggetti che
continueranno a ingannare le masse e a ritardare una loro presa di
coscienza…
Insomma: la situazione sta lavorando per noi, ma noi sapremo lavorare per la situazione?
È qui che si pone il nostro che fare dei
prossimi mesi e la questione delle elezioni europee. È evidente infatti
che in questo clima le europee diventano un test di politica interna. 5
Stelle e Lega, nonostante abbiano ceduto all’Unione Europea,
cercheranno di presentarsi come forze in grado di puntare i piedi e
difendere il popolo italiano, mantenendo il consenso avuto il 4 marzo.
Chiaramente provando a verificare i rapporti di forza interni
all’alleanza: con la Lega tentata, nel caso andasse bene, di far cadere
il governo e andare verso un più tradizionale centrodestra a guida
Salvini, e i 5 Stelle intenzionati a ribilanciare i rapporti di forza.
PD e soci, invece, proveranno a caratterizzarsi come una forza europeista, competente, responsabile, collegata alle grandi istituzioni sovranazionali, rispettate dai mercati. Per riuscire in quest’operazione devono giocarsi una guida rinnovata, magari con Zingaretti, e un listone in cui possano entrare tutti, dai radicali a Pizzarotti, dalla Boldrini a LeU, fino a lambire Sinistra Italiana (e tuttavia l’incognita Renzi pesa non poco su questa dinamica, per cui potremmo assistere a un nuovo fallimento).
PD e soci, invece, proveranno a caratterizzarsi come una forza europeista, competente, responsabile, collegata alle grandi istituzioni sovranazionali, rispettate dai mercati. Per riuscire in quest’operazione devono giocarsi una guida rinnovata, magari con Zingaretti, e un listone in cui possano entrare tutti, dai radicali a Pizzarotti, dalla Boldrini a LeU, fino a lambire Sinistra Italiana (e tuttavia l’incognita Renzi pesa non poco su questa dinamica, per cui potremmo assistere a un nuovo fallimento).
È evidente allora che la partita verrà
rappresentata come “europeisti vs sovranisti” – un’opposizione del tutto
ideologica e falsa. “Europeismo” e “sovranismo” sono infatti
due etichette che contengono tutto e il contrario di tutto, che servono a
due raggruppamenti di potere italiani – uno più legato alla borghesia
internazionale, uno più legato alla borghesia nazionale marginalizzata
nella competizione inter-imperialista – a ingannare i proletari,
facendogli credere che la soluzione dei nostri problemi passi o per
l’avere più Unione Europea, più modernità e maggiore accordo con chi è
in grado di reggere alla competizione globale, o per tornare a forme
impossibili di sovranità nazionale, di deficit per finanziare
corporazioni e piccoli privilegi, per risolvere in maniera truffaldina i
problemi posti dalla competizione globale.
L’“europeismo” inganna promettendo un perverso internazionalismo, in cui i popoli europei stanno insieme senza farsi la guerra, un paese in sviluppo e senza corruzione, proprio come accadrebbe in Germania o nel Nord Europa; il “sovranismo” inganna invece promettendo la riscossa e la libertà contro i cattivi tecnocrati, attraverso l’unione dell’incolpevole popolo italiano, mettendo insieme lavoratori sfruttati e padroni, cementati dall’odio contro gli immigrati e gli altri popoli, nostalgici dei “bei tempi andati”.
L’“europeismo” inganna promettendo un perverso internazionalismo, in cui i popoli europei stanno insieme senza farsi la guerra, un paese in sviluppo e senza corruzione, proprio come accadrebbe in Germania o nel Nord Europa; il “sovranismo” inganna invece promettendo la riscossa e la libertà contro i cattivi tecnocrati, attraverso l’unione dell’incolpevole popolo italiano, mettendo insieme lavoratori sfruttati e padroni, cementati dall’odio contro gli immigrati e gli altri popoli, nostalgici dei “bei tempi andati”.
In realtà, entrambe le opzioni
non mettono in discussione il liberismo, il rapporto di produzione, lo
sfruttamento di una minoranza sulle altre classi sociali. Nessuna delle
due opzioni vuole una redistribuzione della ricchezza, una patrimoniale,
concedere maggiori diritti a chi oggi è povero e sfruttato.
Nessuna delle due opzioni dice che dentro l’Unione Europea sono decisive
le decisioni non del Parlamento, che non conta nulla, ma della
Commissione e soprattutto del Consiglio Europeo, ovvero degli Stati e
dei governi che rappresentano le diverse borghesie nazionali, e che
dunque l’Unione Europea è un accordo fra imperialismi che è stato
sottoscritto per decenni anche dalla borghesia italiana, e che è sempre
stato esercitato contro le classi popolari del nostro paese. Nessuno
dice che non c’è governo che voglia davvero mettere in discussione
questi accordi perché in fin dei conti tornano sempre utili quando si
tratta di opprimere i propri lavoratori, mentre ogni tanto il padronato
nazionale ci usa come forza di mobilitazione quando deve negoziare
migliori condizioni per sé.
Se questo è vero, che conclusioni
trarne? O si è in grado di rompere questa polarità, o si finisce per
essere attrattti da uno dei due grandi campi magnetici. Per cui, a
sinistra ci sarà chi nei fatti sarà subalterno a Zingaretti e si
accoderà a una fumosa idea di “Altra Europa”, parlerà di riformare le
istituzioni europee senza denunciarne la natura, senza indicare la
rottura dei trattati, e chi invece si accoderà a Bagnai e soci
proponendo un’alleanza interclassista fra proletari e borghesia italiana
per recuperare il nostro “posto al sole”.
Come invece abbiamo scritto nei nostri cinque punti , noi
intendiamo rompere questa polarità. Intendiamo rompere con il
liberismo, che si incarna sia nelle strutture decisionali sovranazionali
che in quelle statali che ormai non somigliano certo a quelle partorite
dalla Resistenza.
Noi pensiamo che la contrapposizione tra
Salvini e il PD, Orban e Macron sia falsa. Che l’Unione Europea con i
suoi trattati e il suo sistema di poteri e regole sia l’inevitabile
avversario di ogni progetto di eguaglianza sociale e di ritorno al
controllo democratico sul mercato e sulla finanza. Che i trattati
europei siano stati costruiti su principi che sono in totale contrasto
con i valori della Costituzione del 1948 e il popolo italiano non abbia
mai votato su quei trattati. Che ci sia un’unica Unione Europea che fa
le stesse politiche sociali contro i lavoratori, i migranti, i servizi
pubblici, fa le stesse guerre e speculazioni, e si divide solo su come
si spartisce il bottino. Che non esista alcuna possibilità di costruire
un’alternativa popolare stando dentro i vincoli liberisti dei trattati
UE o di quelli guerrafondai della NATO. Che l’unità dei popoli europei
possa avvenire solo su basi completamente diverse da quelle che finora
ci sono state imposte.
Pensiamo che si debba denunciare il
meccanismo del debito, che serve solo a nutrire le banche e le
istituzioni finanziare con il lavoro delle classi popolari, rompere con i
trattati UE, rimettere in campo un’alternativa alle istituzioni
esistenti, ridisegnando l’architettura europea, abolendo il Fiscal
Compact, cancellando i piani per le Grandi Opere; abrogando la legge
Fornero e varando un progetto europeo di riduzione degli orari di
lavoro; reintroducendo l’articolo 18 e un piano europeo di diritti per
il lavoro; controllando i movimenti di capitali e vietando le
delocalizzazioni e il dumping fiscale tra gli Stati; nazionalizzando i
servizi pubblici in Italia e cancellando il divieto di aiuti di Stato
nella UE; lasciando libertà per le politiche di bilancio di ogni Stato e
superando il divieto per la BCE di sostenere gli stati in difficoltà.
Questa posizione politica chiara,
l’unica che potrebbe trasformare veramente la vita di milioni di
italiani, oggi non è portata avanti da nessuna forza politica nel nostro
paese. Per questo motivo a tale posizione bisogna dare la massima
visibilità.
È stato questo l’esito del
dibattito del Coordinamento Nazionale e la ragione per la quale quasi
tutti gli intervenuti si sono espressi a favore di una partecipazione di
Potere al Popolo! alle elezioni europee con il suo simbolo e la sua
proposta programmatica, ormai delineata nelle linee di fondo anche se ancora da costruire, migliorare e arricchire nei dettagli.
Chiaramente, la decisione finale spetta
alle assemblee territoriali e a tutte le aderenti e gli aderenti, e per
questo motivo si dibatterà nelle assemblee in tutta Italia fino al 5
gennaio, e poi dal 6 al 12 gennaio ci potremo esprimere tutte e tutti
sulla piattaforma poterealpopolo.net. Nella votazione verranno poste due
domande. La prima: Potere al Popolo deve partecipare alle elezioni
europee? SI o NO? La seconda: nel caso Potere al Popolo partecipi alle
elezioni europee, deve partecipare con il suo simbolo e il suo
programma, o entrare in un cartello elettorale con altre forze della
sinistra? Ovviamente ciò che sarà messo al voto dipende anche
dall’effettivo dibattito che si svilupperà nelle assemblee territoriali.
Il 13 gennaio il Coordinamento prenderà
atto dei risultati della consultazione e delineerà i passi successivi.
Nel caso si decida di andare, bisogna subito lanciare le assemblee
territoriali e regionali che con l’aiuto del Coordinamento decideranno i
candidati per le elezioni europee, e a inizio febbraio cominciare la
raccolta firme, in modo da avere almeno due mesi a disposizione. Entro
il 7 aprile dovremo infatti avere le firme raccolte e autenticate per
consegnarle il 13 aprile.
La cifra di 150.000 firme necessarie a
candidarsi è chiaramente un obiettivo molto difficile – peraltro solo
l’Italia ha questa legge liberticida, pensata apposta per tagliare le
gambe alla rappresentanza popolare… Ma accettare questa sfida, per noi
che non siamo elettoralisti, è importante per fare campagna politica
intorno ai nostri contenuti, farci conoscere, aggregare, non lasciare
che i due principali campi politici riempiano tutto lo spazio.
Chiudere il processo costituente e strutturare Potere al Popolo!
Chiaramente, per avere una chance di farci sentire, dobbiamo organizzarci bene. Quella che andiamo a combattere è infatti una vera e propria battaglia: sia che ci presentiamo alle elezioni, sia che animiamo una diversa campagna politica, avremo di fronte censura mediatica, ostacoli burocratici, dovremo lottare contro la rassegnazione e i cliché, persino contro il boicottaggio di una parte della “sinistra” che non vede di buon occhio il nostro inedito tentativo politico-sociale.
Chiaramente, per avere una chance di farci sentire, dobbiamo organizzarci bene. Quella che andiamo a combattere è infatti una vera e propria battaglia: sia che ci presentiamo alle elezioni, sia che animiamo una diversa campagna politica, avremo di fronte censura mediatica, ostacoli burocratici, dovremo lottare contro la rassegnazione e i cliché, persino contro il boicottaggio di una parte della “sinistra” che non vede di buon occhio il nostro inedito tentativo politico-sociale.
Per questo motivo, e per eseguire quanto
scritto nello Statuto, un gruppo di compagne e compagni si è messo a
censire le assemblee territoriali e a produrre una mappatura quanto più
possibile esatta della nostra organizzazione (vedi qui:
https://poterealpopolo.org/organizziamoci-inizia-censimento-assemblee-territoriali/).
Per lo stesso motivo ci accingiamo ad aprire nuove sedi territoriali. E
per questo motivo vogliamo concludere il processo costituente di Potere
al Popolo!, dando finalmente forma compiuta al nostro movimento.
Si tratta quindi innanzitutto di
eleggere i nostri due portavoce, un uomo e una donna, che andranno
ovunque a spiegare le nostre posizioni politiche. Ricordiamo che ogni
aderente è sia elettore che eleggibile. Per il ruolo di portavoce
basterà raccogliere dieci sostegni fra i membri del Coordinamento, o 700
fra gli iscritti. Le candidature, come già annunciato a novembre, vanno
spedite entro il 31 dicembre al nostro ufficio elettorale
(elettorale@poterealpopolo.org). I nomi e i curriculum saranno esaminati
dalla commissione elettorale e, laddove non dovessero esserci problemi o
incompatibilità con lo statuto e i principi guida di Potere al Popolo,
saranno inseriti in piattaforma entro il 6 gennaio.
Stesso discorso, ma senza le firme di
sostegno, per quanto riguarda il Comitato di Garanzia. Abbiamo bisogno
di persone super partes, con esperienza e buon senso, aderenti convinti
del progetto di PaP. Il Comitato di Garanzia è un organo che deve capire
se quanto accade è in linea con lo statuto, se il comportamento di un
iscritto lede l’organizzazione o se viceversa l’organizzazione lede i
diritti dell’associato. Anche qui le candidature vanno presentate entro
il 31 dicembre all’ufficio elettorale.
Sono invece già operativi i tavoli
tematici, che permetteranno di affinare sempre meglio le nostre
proposte, di fare dibattito a livello nazionale dentro e fuori Potere al
Popolo!, soprattutto di produrre materiali e intervento pratico.
Trovate tutte le info qui:
https://poterealpopolo.org/sezione-sito-tavoli-tematici/
Insomma, non intendiamo fermarci neanche
durante le vacanze natalizie! Anzi, approfitteremo di questo periodo di
minore mobilitazione sociale per strutturarci sempre meglio sul
territorio e crescere attraverso il dibattito politico.
In questo lungo anno abbiamo infatti supportato la resistenza, ovunque emergesse… Ora che esistiamo, che non possiamo essere cancellati, dobbiamo fare un passo in avanti: dobbiamo preparare, insieme a tutte e tutti quelli che ci vogliono stare, una grande offensiva sociale e politica!
In questo lungo anno abbiamo infatti supportato la resistenza, ovunque emergesse… Ora che esistiamo, che non possiamo essere cancellati, dobbiamo fare un passo in avanti: dobbiamo preparare, insieme a tutte e tutti quelli che ci vogliono stare, una grande offensiva sociale e politica!
Speriamo che sempre più persone ci vogliano dare una mano, perché o ci salviamo insieme, o non ci salverà nessuno!
*** Riepilogo sulle date da segnare ***
– Per chiudere il processo costituente di Potere al Popolo:
Entro il 31 dicembre presentazione delle candidature al ruolo di Portavoce e al Comitato di Garanzia. Le candidature, complete di curriculum sociale, vanno mandate a: elettorale@poterealpopolo.org.
Da domenica 6 gennaio a sabato 12 gennaio 2019 ci sarà il voto sulla piattaforma online.
Entro il 31 dicembre presentazione delle candidature al ruolo di Portavoce e al Comitato di Garanzia. Le candidature, complete di curriculum sociale, vanno mandate a: elettorale@poterealpopolo.org.
Da domenica 6 gennaio a sabato 12 gennaio 2019 ci sarà il voto sulla piattaforma online.
– Per decidere la partecipazione di Potere al Popolo alle elezioni europee:
Dal 24 novembre al 5 gennaio 2019 discussione nelle assemblee territoriali. Da domenica 6 gennaio a sabato 12 gennaio 2019 votazione di tutti gli iscritti sulla piattaforma
Dal 24 novembre al 5 gennaio 2019 discussione nelle assemblee territoriali. Da domenica 6 gennaio a sabato 12 gennaio 2019 votazione di tutti gli iscritti sulla piattaforma
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